Dal reddito di cittadinanza al reddito di turismo

3 anni ago Tourism Manager 0

Alcune ipotesi di lavoro per mettere in sinergia il sostegno alle persone disoccupate e quello alle aree turistiche sottoccupate. Qualcosa su cui lavorare ed estendere possibilmente anche ad altri settori.

Non ho nulla in contrario alle forme di assistenza che, in un paese civile, devono consentire alle persone in difficoltà di avere un reddito dignitoso. Mi piacerebbe però che questo giusto diritto potesse essere messo sempre più a sistema con utilità esponenziale per tutti.

Partiamo da alcuni aspetti e confronti. Già negli anni 80, in occasione delle mie prime esperienze all’estero, scoprii in Germania il sussidio di disoccupazione a cui accedevano tutte le persone che perdevano il lavoro in maniera totalmente automatica ed immediata percependo l’80% della retribuzione precedente. Mi capitò anche di conoscere personalmente diverse persone (soprattutto stranieri provenienti da paesi dove tali sussidi erano visti come un’opportunità, tra cui anche italiani) che, ingolosite dal sussidio, si facevano licenziare. Non considerando però che in Germania era altrettanto “facile” ricevere un sussidio o un rimborso assicurativo quanto essere “beccati” e “pagare pegno” anche pecuniario con valori di gran lunga superiori a quanto indebitamente preso. Un’azione di controllo e sanzione rara in Italia, incoraggiando così gli abusi da parte dei furbi!

Ma veniamo ai giorni nostri. Ho letto quest’estate che, in alcune località balneari del Veneto, gli albergatori a fronte di un benedetto e improvviso aumento del lavoro non riuscivano a trovare camerieri, cuochi, impiegati ecc. Pare che parte delle persone disoccupate, godendo del reddito di cittadinanza, trovassero poco conveniente accettare una temporanea proposta lavorativa a fronte di una “manciata” di soldi in più.

Anche prima dell’introduzione del reddito di cittadinanza, ho avuto modo di constatare, nel settore turistico alberghiero dove opero, le difficoltà di assumere persone che, appena terminata la stagione nelle località turistiche, non volevano perdere il sussidio di disoccupazione loro destinato. Pare che per queste persone fosse preferibile cercare un lavoro in Svizzera (per sfuggire ai controlli italiani) o in Italia, ma in nero, pur di non perdere il sussidio…. Un fatto grave di per sé, ma anche per le difficoltà che crea alle imprese che hanno bisogno di assumere personale.

DUE IPOTESI SU CUI LAVORARE

Come venirne fuori? Lancio alcune idee ed esempi di come si potrebbe mettere a maggior frutto per tutti, in primo luogo il lavoratore e la sua dignità e professione futura, il diritto ad avere un reddito.

Disoccupazione vs occupazione per gli operatori stagionali in alberghi, ristoranti, stabilimenti balneari ecc. 

Nonostante il clima favorevole soprattutto al Sud, in Italia abbiamo una stagione estiva particolarmente breve. Un esempio su tutti: la Sardegna ha una stagione turistica media brevissima (3 mesi), ancor più se confrontata con quella delle isole Baleari (oltre 6 mesi), pur avendo un clima identico. Certo, spesso nella bassa stagione per competere bisogna abbassare parecchio i prezzi, pur avendo gli stessi costi, e allora diventa antieconomico rimanere aperti.

Qui potremmo pensare ad uno scambio vantaggioso per tutti. Potremmo ipotizzare di proporre alle aziende che normalmente terminano l’attività al 15 settembre di restare aperte un ulteriore mese (sino al 15 ottobre) grazie ad un importante patto sociale. Lo Stato potrebbe infatti utilizzare parte dei sussidi di disoccupazione, certi a stagione finita, per decontribuire il costo del lavoro dei lavoratori a quelle aziende che in quell’ulteriore mese li mantenessero in forza allungando la stagione.

Si potrebbe anche ipotizzare che i dipendenti possano accettare in quel mese in più di lavoro vero una retribuzione un po’ ridotta (10-20% massimo) rispetto a quella dell’alta stagione. Così facendo le aziende avrebbero la possibilità di ridurre i prezzi ed essere competitive e i lavoratori di lavorare davvero e avere un reddito maggiore del solo sussidio di disoccupazione. Inoltre, la destinazione ne gioverebbe tantissimo, consentendo a tutte le attività collaterali di lavorare un mese in più, e persino l’erario incasserebbe più iva e tasse varie.

Reddito di cittadinanza vs maggior reddito dalle chicche del Bel Paese 

Se facciamo un censimento dei beni turistici e culturali esistenti in Italia, ma gestiti male o addirittura inutilizzati, ci accorgeremmo della grande potenzialità economica non ancora sfruttata.

Infatti, spesso le fasce orarie o giornate di apertura dei musei, dei siti Unesco, delle mostre ecc., pur essendo potenzialmente redditizie, non possono essere ampliate per mancanza di personale, conseguenza di mancanza di copertura economica. Per non parlare dello stato di manutenzione o pulizia: sappiamo che uno dei maggiori problemi dei siti Unesco i Italia è la scarsità dei servizi igienici e le condizioni di sporcizia in cui versano? E la sicurezza? Quanti scippi avvengono intorno al Colosseo? Quante auto spariscono a Pompei, quando non sono in mano ai parcheggiatori abusivi? E ognuno di noi che gira l’Italia potrebbe continuare all’infinito…

Anche qui potremmo pensare ad uno scambio vantaggioso per tutti. Un’ipotesi incrementale rispetto a quanto previsto all’inizio di quest’anno con l’obbligo per i beneficiari del reddito di cittadinanza di dedicare almeno 8 ore settimanali ai progetti utili alla collettività nel comune di residenza.

Di fatto per tutte quelle attività che oggi non vengono svolte per mancanza di personale, si potrebbero utilizzare le persone destinatarie del reddito di cittadinanza. Per far si che non diventino impieghi pubblici a vita, con tutte le conseguenze del caso, il lavoro per queste attività turistiche provvisorie dovrebbe essere retribuito il 20-30% in meno del salario normale in modo che queste persone non perdano l’interesse a cercarsi un’altra occupazione più conforme alle loro esigenze. I vantaggi sarebbero per tutti. Prima di tutto il settore del turismo e dei beni culturali che, bene amministrati, aumenterebbero presenze, redditività pro-capite e totale (infatti, la Germania con attrazioni e visitatori inferiori ai nostri, oggi rende economicamente di più: 43,2 mld contro 40 mld in Italia). Poi lo Stato che avrebbe la stessa spesa che ha oggi per il reddito di cittadinanza, ma l’erario avrebbe maggiori introiti. Ultimo, ma non per ultimo, le persone a fronte di un reddito pari a quello di cittadinanza avrebbero la dignità del lavoro e, restando attive e formate, più chance per un nuovo lavoro.

Per dare concretezza a queste idee e ipotesi di lavoro, comunque da migliorare e ampliare, potremmo trovare alcuni pionieri. Per la prima proposta identificando un paio di destinazioni balneari interessate ad allungare la stagione ed a proporre tali incentivi. Per la seconda, molto più articolata, per il momento comincerei con un audit, anche pubblico, sullo stato e la gestione nei nostri 55 siti Unesco per iniziare a lavorare su ciò che abbiamo bisogno per migliorarci.